Una cultura digitale per combattere le disuguaglianze digitali

La scorsa estate ho letto due libri: “Invisibile” dello scrittore spagnolo Eloy Moreno e “Invisibili” della scrittrice e femminista britannica Caroline Criado Perez

Quest’estate mi sono imbattuta in due libri che mi hanno fatto riflettere riguardo all’importanza di costruire una cultura digitale condivisa per superare le disuguaglianze digitali nelle quali viviamo.

Il primo è “Statosauri” di Massimo Russo, Chief Product Officer per l’Europa di Hearst. Il secondo è “Power, for all” di Julie Battilana e Tiziana Casciaro, docenti rispettivamente alla Harvard Business School e all’Università di Toronto.

Per cominciare, la premessa di questa riflessione è che digitale è il momento in cui viviamo. Non è più solo uno strumento che utilizziamo. Per viverci bene, perciò, abbiamo bisogno di costruire una cultura digitale adeguata, rivoluzionando quella esistente. 

Di cosa è fatta una cultura digitale

In particolare, il libro di Russo parla di come costruire politiche democratiche adatte alla nostra epoca. Tra quelle pagine sono rimasta colpita da questa frase che descrive l’obiettivo di queste politiche:

[Creare] “Un patto sociale rinnovato, che garantisca a tutti il ​​diritto alla ricerca della felicità, in cambio di coscienza critica e responsabilità individuale, in un quadro che disegna un progetto ideale, con una prospettiva comune, in cui i cittadini possano riconoscersi anche collettivamente”.

Ci sono tre aspetti in questa affermazione su cui vale la pena riflettere:

  1. la ricerca della felicità“: quando tutto cambia così velocemente e così tante persone rimangono indietro, dobbiamo preoccuparci di come ci sentiamo. Siamo a nostro agio in questa era digitale? Quanto la capiamo? O ci sentiamo persi per la maggior parte del tempo? E le persone che ci circondano?
  2. avere un senso critico: possiamo amare le tecnologie, ma dobbiamo essere sanamente critici verso di loro. Perciò serve studiare come funzionano, provarle, pensare al modo in cui possono influenzare le nostre azioni;
  3. agire responsabilmente: il punto precedente conduce qui. Più conosciamo qualità e difetti delle tecnologie che stiamo utilizzando, più possiamo usarle in modo responsabile.
Abbiamo bisogno di più “potere digitale”

Oggi, inoltre, c’è un grosso squilibrio della conoscenza digitale nelle nostre società. E questo consente ad aziende tecnologiche, esperti e sedicenti tali e/o  persone più o meno malintenzionate di sfruttare questa carenza. In pratica, significa che esercitano più potere di quanto sia desiderabilefavoriscono le disuguaglianze digitali. In aggiunta, meno sappiamo delle tecnologie che usiamo ogni giorno, più contribuiamo a queste disuguaglianze. E rischiamo di essere solo attori passivi dell’era digitale.

Cosa possiamo fare per cambiare rotta? “Power, for all”, come spiegano le autrici in questa intervista, esamina alcuni pregiudizi su cosa sia il potere. Uno è che il potere sia una cosa che qualcuno possiede e che questo non si possa cambiare.

Se applichiamo questa visione al “potere digitale“, il risultato è l’idea per cui pensiamo di non saperne abbastanza su [metti il ​​nome di una tecnologia o un fenomeno correlato a tua scelta]. Di conseguenza, non ci sentiamo in grado di fare qualcosa per cambiare ciò che riconosciamo come difetto legato a quella tecnologia.

Agitatori, innovatori e orchestratori

Battilana e Casciaro hanno una visione interessante su come contrastare questo tipo di atteggiamento. Ognuno infatti ha un’inclinazione specifica che può essere usata per sfidare lo status quo, anche in fatto di “potere digitale”.

Secondo le due esperte, sono tre le categorie di soggetti che possono aiutare a cambiare un equilibrio di potere: 

“Gli agitatori si esprimono contro lo status quo e sensibilizzano l’opinione pubblica sul problema. Gli innovatori escogitano nuove soluzioni per affrontare il problema. Gli orchestratori aiutano a implementare queste nuove soluzioni su larga scala e a garantire che siano adottate”.

Un terzetto piuttosto interessante, considerando che ognuno può scegliere, secondo la propria natura, quale ruolo giocare per cambiare gli equilibri del “potere digitale”.

Il tuo qual è? 



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